Docente di Chimica nella scuola secondaria superiore dal 1980,
Vicepreside all’IIS Da Vinci di Firenze dal 1994
Giuseppe Bagni è Laureato in Chimica all’Università di Firenze nel 1978.
Autore di numerosi articoli sull’educazione scientifica pubblicati nelle riviste del settore quali “Insegnare”, “Didattica della chimica”, “Ecole”.
Autore con Rosalba Conserva del libro “Insegnare a chi non vuol imparare”, EGA Editore, Torino 2005.
Il volume è uscito in una nuova edizione rivista nel 2015 per l’editore “L’asino d’Oro”, Roma.
Coautore del libro di testo di Fisica per le scuole secondarie di secondo grado “Dimensione Fisica” ed. D’Ann, e di Chimica “Sperimentare la Chimica” ed.Zanichelli.
Dal 2010 membro della Segreteria nazionale del C.I.D.I. (Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti) di cui è stato eletto Presidente Nazionale nel 2011.
Dal 2015 membro eletto del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione dove presiede la commissione Politiche del Personale.
Al convegno parlerò di…
Insegnare a chi non vuole più imparare.
Come si può insegnare a chi non vuole imparare?
Non esiste chi non voglia imparare, lo sviluppo stesso è una forma di apprendimento. Esiste chi non vuole imparare a scuola, con i vincoli e le modalità che la scuola impone.
Si rimedia se al centro di pone l’esperienza personale dell’alunno e l’ambiente scuola. “Il bambino si educa da sé“ se può godere di un ambiente che gliene offra tutte le possibilità.
Quando si ha apprendimento?
Quando si riesce ad assumere comportamenti competenti, che sono sempre caratterizzati da due aspetti combinati: il possesso di procedure divenute automatiche e la capacità di acquisire una visione globale del problema da affrontare.
Ma questo non si realizza con la scuola trasmissiva che lascia passivi gli alunni: al centro c’è sempre un atto di volontà: l’intenzione autonoma dell’alunno di vedere il problema sotto quel preciso punto di vista. Ma questo può avvenire solo se la scuola sa far sentire quel problema come un problema proprio dell’alunno.
Le situazioni scolastiche devono mutuatario dalla realtà il più possibile per essere ricche di senso per gli alunni ma nello stesso tempo essere ricche del pensiero culturale accumulato nelle discipline.
Creare situazioni significative non basta, può essere il vecchio sperimentalismo fine a se stesso. Bisogna passare alla concettualizzazione attraverso la verbalizzazione delle conoscenze acquisite. Questo libera dalla “prigionia del concreto”.
In conclusione le conoscenze incorporate e agite con intenzione autonoma sono l’unica strada per una scuola significativa per tutti. Capace di recuperare la partecipazione e l’interesse anche di chi ha deciso – o crede – di non imparare più.